Una ricerca nelle Sezioni Primavera della Scuola dell’Infanzia

Il laboratorio teatrale a sostegno dell’autoralità dei bambini e delle bambine

Ogni occasione è buona per riaffermare un concetto ormai acquisito a livello scientifico ma che ancora fatica a essere pienamente accettato e agito nei comportamenti quotidiani: l’infanzia non è una fase della vita preparatoria all’essere adulti. I bambini e le bambine sono soggetti autonomi altri da noi adulti.  Se li osserviamo con questo sguardo è molto facile restare sorpresi dal modo in cui organizzano, in maniera più o meno consapevole, il loro stare nel mondo e soprattutto dal modo in cui si appropriano delle esperienze fatte e le trasformano. Le loro azioni sono sempre dirette a mantenere o ripristinare una condizione di benessere, per sé e per gli altri. Un movimento questo che ha molto da insegnare a noi adulti.

Il teatro, soprattutto nella dimensione del laboratorio, rappresenta un campo di osservazione interessantissimo in questo senso. Questa esperienza è per i bambini e le bambine molto familiare perché strettamente connessa al gioco simbolico in cui sono immersi. Ciò che varia è che nel laboratorio teatrale l’adulto gioca questo gioco insieme a loro.  E, nel farlo, può agire un ruolo prezioso: sostenere la loro capacità immaginativa e la spinta innata ad agire all’interno dei contesti e delle situazioni per trasformarle. Nello spazio del “come se” possono sperimentare e allenare le proprie capacità autorali e creative e la propria capacità di stare nella relazione con gli altri.

Una ricerca realizzata all’interno della sezione Primavera della scuola dell’infanzia Montevelino del Comune di Milano, quindi con bambini tra i 24 e i 36 mesi, ci ha permesso di mettere a fuoco alcuni elementi interessanti rispetto alle possibilità che il gioco teatrale può aprire nell’esperienza dei bambini e delle bambine.

Il primo riguarda l’esplorazione di possibilità espressive e relazionali nuove che gli adulti possono offrire attraverso un alto grado di coinvolgimento fisico all’interno del gioco. Agire l’azione teatrale insieme ai bambini permette di offrire loro stimoli e spunti espressivi inediti. Questo diventa un valore soprattutto se l’adulto non si limita a promuovere una pratica imitativa ma è pronto a cogliere le istanze trasformative che provengono dai bambini e dalle bambine e valorizzarle all’interno dell’azione fisica. Il che significa, nel concreto, saper stare in ascolto degli stimoli creativi che arrivano da tutti i partecipanti e far evolvere il gioco drammaturgico proprio grazie a quegli stimoli.

Nel laboratorio preso in esame tutti i partecipanti, bambini ed educatrici insieme, sperimentano attivamente le proprie possibilità motorie, espressive e relazionali. Attraverso l’imitazione del conduttore, i bambini sperimentano gesti, movimenti e sonorità inusuali: nell’agire il volo del drago chi conduce scompone con cura il movimento per meglio permettere l’imitazione (aprono le loro ali grandi e forti, alzano verso l’alto la coda che li guida nel cielo, girano il muso a destra e a sinistra per vedere chi c’è all’orizzonte…).  Quanto più il movimento viene scomposto e la scomposizione accompagnata dalle parole, tanto più i bambini riescono a riprodurlo. La voce aiuta a focalizzare l’attenzione dei bambini, non solo nell’osservazione di ciò che il conduttore stesso fa, ma anche e soprattutto su ciò che i compagni fanno.

Nel momento stesso in cui il conduttore non agisce, aumenta invece la possibilità di azioni imitative tra i bambini stessi, soprattutto da parte di quelli con maggiori difficoltà nell’affrontare la richiesta: il conduttore ha in mano un bastone da cui pendono tantissimi fili colorati. Sono le code del drago. Un bambino si avvicina e le tocca. Il bambino che gli è vicino lo segue con lo sguardo. Solo dopo che il compagno ha toccato le code più volte si avvicina e tocca a sua volta, timidamente.

In un’altra occasione il conduttore chiede ai bambini di spostare i piccoli tappeti su cui sono seduti e di posizionarli in un determinato modo. La maggior parte agisce istintivamente. Un bambino guarda gli altri e, solo una volta capito bene come fare, sposta a sua volta il tappeto.

L’azione di imitazione dei bambini non è però passiva. Nel momento stesso in cui imitano, trasformano e fanno proprio ciò che vedono, creando qualcosa di nuovo, che parla contemporaneamente dell’oggetto imitato e del soggetto che imita. Il conduttore chiede ai bambini di scaldare le mani per covare un uovo di drago e nel farlo accompagna il suo gesto con un suono molto ritmico, tuc… tuc… tuc… Apre e chiude la mano come il becco di un uccello. Un bambino, colpito dal ritmo, imita il gesto e lo trasforma in una breve danza in cui, unendo pollice e indice, muove le mani nell’aria.

Ciò che sostiene la possibilità di questa reinvenzione, in cui il bambino non è solo attore ma anche autore, è l’utilizzo di strutture drammaturgiche evocative. Strutturando cornici narrative attraverso la finzione del “come se…” il conduttore apre alla possibilità di un intervento dei bambini nella costruzione simbolica del gioco. A volte la creazione e l’invenzione non sono verbali ma avvengono nel qui e ora dell’azione fisica: mentre stanno imitando gli orsi che si grattano la schiena, il conduttore coglie il movimento di un bambino che, seduto a terra, gira su sé stesso. Su invito del conduttore gli altri bambini guardano il compagno e lo imitano, mostrando di trovare molto divertente il gesto, che li fa ruotare come trottole.

In altri casi invece l’azione dei bambini diventa una vera e propria contro imitazione.  L’invenzione di un nuovo gesto viene anticipata da un “No” con cui viene marcata la non rispondenza tra la proposta dell’adulto e l’azione che il bambino desidera fare: nell’imitazione del volo del drago i bambini imitano, ciascuno a proprio modo, il conduttore. Quando il drago si tuffa a nuotare un bambino prende il gesto del conduttore e lo trasforma dicendo: “No! Nuotano così!”. Il conduttore imita a sua volta il gesto del bambino.

In un’altra sequenza di lavoro, una bambina propone di essere cani arrabbiati, dopo aver rifiutato la suggestione proposta dal conduttore. Vuole sperimentare un’azione aggressiva e con lei il resto del gruppo. Dopo alcuni istanti il conduttore invita a diventare uccellini. Il gruppo, stanco di restare su un registro aggressivo, segue il conduttore. La bambina che desidera continuare rilancia: “No! Siamo tigri!”. Poiché nessuno la segue, anche lei si trasforma in uccellino. Il conduttore, attento a includere tutte le voci del gruppo, chiude la dinamica anche dal punto di vista narrativo: “Guardate, laggiù ci sono le tigri, non possono prenderci, siamo troppo in alto. Quassù siamo al sicuro. Forza, torniamo nel nostro nido”. Tutti i bambini tornano sui tappeti/tana. In questo esempio emerge l’assoluta fluidità con cui i bambini, all’interno del gioco drammaturgico, possono assumere e dismettere il ruolo di guida allenandosi a gestire le conseguenze relazionali. Episodi di questo tipo, in cui l’azione proposta implica una relazione con i compagni, vengono agite dai bambini maggiormente intraprendenti.

È bene però osservare che la tenuta della dimensione relazionale tra compagni a quest’età è ancora minima. Le azioni proposte da alcuni bambini ai compagni sono di breve durata e finiscono subito, se non sono rilanciate dal conduttore all’interno del gruppo.

L’autoralità che può essere messa in atto dai bambini, all’interno delle cornici drammaturgiche date, arriva in alcuni casi a riguardare le formule stesse che il conduttore usa per guidare il gioco: siamo nella savana, un bambino propone di fare le zebre ma nessuno sa come si muove una zebra. Il gruppo è fermo e non agisce. Una bambina propone i cani. Nell’azione alcuni maschi trasformano i cani e li rendono più aggressivi. Tutto il gruppo li imita. La bimba che aveva proposto i cani si mette a miagolare e dice: “Gatti!”. Mentre cammina come un gatto si ferma e chiede al conduttore: “E poi?”. E lei stessa si risponde: “Poi sentono un odore”. Un altro bambino annusando: “Anche io sento un odore!”. La bimba, sempre agendo come un gatto, si ferma e chiede alla maestra: “L’odore di che cos’è?”. L’appropriarsi delle regole del gioco rappresenta un ulteriore elemento significativo nella sperimentazione, all’interno del gioco drammaturgico, di dinamiche relazionali nuove.

 

L’importanza della mimesi nella crescita del bambino, tra corporeità e apertura all’altro

Nel corso del laboratorio abbiamo osservato molteplici condotte mimetiche agite dai bambini sia nei confronti degli adulti presenti che dei loro pari. Si tratta di comportamenti portatori di risorse evolutive.

La condotta mimetica è una delle caratteristiche più precoci ed importanti della vita infantile, tant’è vero che, seppur possa apparire straordinario, a 42 minuti di vita extrauterina un neonato può già compiere azioni imitative. Dunque, l’imitazione è una condizione innata nell’essere umano.

Diversi studi hanno evidenziato che i bambini osservano attentamente gli adulti e i pari, li imitano nelle azioni che poi ricordano e riproducono in altri contesti. In altre parole, il bambino vede l’atto dell’altro e, grazie all’imitazione, lo esegue e lo sente attraverso il proprio movimento corporeo. Questo gli permette di rappresentarsi l’altro “like me”.

Un’altra caratteristica che si presenta precocemente, a partire dalle 6 settimane di vita, è che i bimbi mostrano particolare interesse ad essere a loro volta imitati, poiché sono sensibili alla congruenza strutturale tra il proprio agire e quello dell’altro in relazione con loro.

Il gioco è lo strumento principe attraverso cui il bambino soddisfa il proprio bisogno di socialità ed è al tempo stesso un vero e proprio processo di auto-educazione. Tra le varie forme a disposizione del bambino, il gioco simbolico rappresenta un’esperienza sociale per eccellenza in cui ambienti, oggetti, persone vengono imitati e al tempo stesso trasformati attraverso una rappresentazione che è in primo luogo gestuale e solo successivamente verbale.

Si tratta di una rappresentazione che può essere svolta dal singolo bambino o da più bambini, ma in entrambi i casi, essa prevede una messa in relazione: con i ruoli che il bambino assume e interpreta e con i partner con cui interagisce all’interno del gioco.

L’esperienza del laboratorio teatrale permette quindi di offrire ai bambini e alle bambine un ulteriore campo di gioco e di sperimentazione simbolica in cui il gioco teatrale agito all’interno di cornici drammaturgiche offre preziose possibilità esplorative e trasformative nei confronti del sé e dell’altro, inteso sia come persona che ambiente sociale che fisico. All’interno delle attività che il bambino compie durante il gioco drammaturgico si verificano processi di sviluppo cognitivo e affettivo così come processi interpersonali e di problem solving.

In questa dimensione di gioco il bambino, attingendo al proprio sapere affettivo, esplora le relazioni con il mondo e quanti lo abitano, usando al tempo stesso la componente imitativa e quella creativa. Nel ricreare il mondo che ha intorno a sé, il bambino mette in atto un processo di reinvenzione in cui ha la possibilità di “sperimentare il nuovo a partire dal già dato” e in cui, soprattutto, ha la possibilità di manifestarsi e mettersi alla prova nella relazione con l’adulto e con i pari. Un’occasione preziosissima in cui allenare la capacità di costruire immaginari insieme agli altri, immaginari che strutturano la sua esperienza e quella dei compagni, e di cui lui stesso è autore o autrice.

*Queste riflessioni sono nate all’interno del progetto di ricerca “Milano – Infanzia e linguaggi teatrali” voluto dal Comune di Milano – Settore Educazione (legge 285/1997) e realizzato dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca e Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il testo completo sul ruolo che il processo mimetico e teatrale può svolgere nei processi educative in età prescolare è contenuto nel saggio di Francesca Gentile e Giulia Innocenti Malini, ’Like me’’. Mimesis and Dramaturgic Play in Early Childhood, contenuto nel volume di Claudio Bernardi, Giuseppe Fornari, David Le Breton, BODIES EXPOSED. Dramas, Practices and Mimetic Desire, Milano, Vita e Pensiero, 2016.

Francesca Gentile
Co-founder e referente Ricerca e sviluppo di Alchemilla

 

Bibliografia

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COLOMBO, Maddalena, INNOCENTI MALINI, Giulia (a cura di), Milano. Infanzia e linguaggio teatrale. Ricerca e prospettive di cura in città, Milano, Franco Angeli, 2017.

GUERRA, Monica, MILITELLO, Rita, Tra scuola e teatro. Per una didattica dei laboratori teatrali a scuola, Franco Angeli, Milano, 2011.

PIAZZA, Luisa (a cura di), Il teatro trova asilo. Proposte di teatro di figura per i più piccoli, Armando, Roma, 2002.

SPOLIN, Viola, Giochi di teatro per le scuole. Manuale teorico pratico ad uso di insegnanti e trainer, Dino Audino, Roma, 2005