Andare a trovare Antonio Catalano nel suo Museo dell’immaginario ad Asti è sempre un’esperienza rigenerante. Un luogo in cui ci si sente artisti e poeti per osmosi.

Nelle stanze di Palazzo Ottolenghi, che ospita il museo, c’è solo una minima parte della sua immensa produzione artistica. Il resto è stipato in fienili di amici (siamo nel Monferrato) o è stato dato a spazi pubblici (teatri, biblioteche, scuole dell’infanzia…) perché le opere rimanessero a stretto contatto con le persone. É il caso ad esempio degli Armadi sensibili, veri e propri armadi recuperati in cui entri, ti siedi e ammiri un universo intero: l’armadio del mare e quello del buio, l’armadio delle nuvole e quello del vento. Chiunque ne abbia bisogno, se vuole, può nascondersi lì dentro per un po’. Il tempo necessario per rimettersi in contatto con la meraviglia o per farsi passare un magone, come quando eri piccolo.

Ma gli armadi non sono l’unico luogo di raccoglimento nel museo: c’è anche una delle numerose Cappelle dei Meravigliati che Antonio ha dipinto in giro per il mondo. Ce n’è una qui, una a Gerusalemme, una ad Arzo, una a Zurigo, una a Guazzolo… Lui arriva, osserva a lungo lo spazio in cui lavorerà e da quello si fa ispirare. Non solo dalla bellezza del luogo ma anche, e forse soprattutto, dalle imperfezioni, dalle fragilità.

Quest’anno abbiamo realizzato con lui una tre giorni di formazione nella scuola dell’infanzia Montevelino di Milano. Appena è entrato nel salone della scuola si è fermato e ha iniziato a guardarsi intorno, con attenzione. Poi si è diretto verso dei piccoli dondoli di plastica che normalmente i bambini usano per fare le costruzioni. Li ha distribuiti sul pavimento e poi, con estrema delicatezza, li ha mossi un po’ alla volta, come se stesse dirigendo una piccola orchestra sonora. Nella festa con cui si è conclusa quella tre giorni insieme, educatrici, bambini e famiglie hanno suonato quei dondoli come mai avevano fatto prima di allora.

Questo è Antonio, che ha il dono di fare con quel che c’è, trovando la poesia che si nasconde nel quotidiano. La maggior parte dei suoi lavori è fatta con materiali di recupero, poveri, poverissimi e per questo accessibili a tutti, ovunque. In un’altra scuola dell’infanzia di Milano in cui lo abbiamo invitato, ha creato con i bambini di 5 anni un bosco incantato, a partire da panini raffermi, rametti, sassi e foglie trovati sul posto. I bambini, estasiati, lo hanno seguito in questa avventura un po’ folle. Un lavoro che mescola musica, poesia, arti visive, teatro. Che è tutto questo ma anche un po’ più di questo.

Il nome del museo, Magopovero, viene dal primo gruppo teatrale fondato ad Asti da Antonio con Luciano Nattino e altri giovani interessati a produrre in prima persona arte e cultura. Era l’inizio degli anni ’70. Poi, negli anni ’90, il Teatro del Magopovero diventa la Casa degli Alfieri, una residenza teatrale che ha sede a Castagnole Monferrato. Tra i documenti custoditi alla Casa, che raccontano oltre 45 anni di attività, ce n’è uno del 1977 che dice:

[bra_blockquote align=”]“ci hanno spesso chiesto come nasce un nostro spettacolo, dove trova le sue idee prime. Saremmo tentati di rispondere subito nella vita, nella nostra esperienza di tutti i giorni, nel nostro lavoro quotidiano di operai, studenti, tra i mille volti anonimi o in questi deserti che sono il mondo: le cose più alte sono anche le più immediatamente accessibili a tutti”.[/bra_blockquote]

Le cose più alte sono anche le più immediatamente accessibili a tutti…

Un giorno ci ha raccontato un aneddoto. Si trovava con suo figlio, il più piccolo, in un casa di cura in cui avrebbe dovuto realizzare un’installazione. Pioveva. Sia lui che il piccolo Catalano erano tutti bagnati. Allora ha chiesto un phon e si è messo ad asciugare i capelli al figlio nel salone, in mezzo agli anziani. Un gesto semplice, quotidiano, che ha suscitato ricordi, tenerezze e commozione. “Facevano a gara ad asciugargli i capelli. Questo dovremmo proporre alle case di riposo: venti phon a disposizione così che venti anziani possano asciugare i capelli ad altrettanti bambini”. Un gesto così folle e al tempo stesso così semplice. Che sia la prossima cosa che faremo insieme? Nel frattempo il consiglio è di regalarvi un giorno di meraviglia andando a trovarlo al Museo dell’Immaginario ad Asti (Palazzo Ottolenghi, Corso Alfieri 350). Dite che vi mandiamo noi.